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      Maledetto cane! – esclamò mia zia. – Se avesse più vite d’un gatto e fosse sul punto di perderle tutte, credo che userebbe il suo ultimo respiro ad abbaiarmi contro!
      Dora lo aveva aiutato a salire sul canapè; e di lì esso abbaiava contro mia zia con tanta forza, che non poteva tenersi ritto e si doveva sgolare di sbieco. Più mia zia lo guardava, e più esso s’infuriava; giacché lei aveva da poco adottato gli occhiali, e Jip, chi sa per quale imperscrutabile ragione, considerava gli occhiali un’offesa assolutamente personale.
      Dora lo fece accucciare accanto a lei, a forza di persuasione; e quando l’ebbe acchetato, gli tirò un orecchio a traverso la testa, ripetendo pensosa: «Anche il piccolo Jip! Oh, poverino!»
      – I suoi polmoni sono abbastanza buoni – disse allegramente mia zia – e le sue antipatie son sempre forti. Ha ancora molti anni innanzi a sé, certo. Ma se tu vuoi un cane con cui correre, Fiorellino, Jip non ti potrà servire più. Te ne darò io un altro.
      – Grazie, zia – disse debolmente Dora – ma non lo vorrei.
      – No? – disse mia zia, togliendosi gli occhiali.
      – Non voglio altro cane che non sia Jip – disse Dora. – Sarebbe fare un torto a Jip. E poi non potrei voler bene a un altro cane che non fosse Jip; perché non mi avrebbe conosciuto prima che mi maritassi, non avrebbe abbaiato a Doady la prima volta che venne a casa. Temo, zia, che non saprei voler bene a un altro cane.
      – Certo – disse mia zia, carezzandole di nuovo la guancia. – Tu hai ragione.
      – Voi non vi siete offesa – disse Dora: – vero?


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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