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      – Ma che, piccola sensitiva! – esclamò mia zia, chinandosi affettuosamente su di lei. – Pensare che io possa offendermene!
      – No, no, non pensavo veramente così – rispose Dora – ma io sono un po’ stanca, e quando sono stanca divento sciocca... sapete, son sempre un po’ sciocca; ma parlando di Jip divento più sciocca ancora. Esso m’ha conosciuta in tutto ciò che m’è accaduto, non è vero, Jip? E non potrei metterlo da parte, ora che è mutato... non è vero, Jip?
      Jip pareva s’annidasse nella padroncina, e le leccava dolcemente la mano.
      – Tu non sei così vecchio, Jip, da abbandonare la tua padrona! – disse Dora. – Noi possiamo farci compagnia ancora un poco.
      La mia leggiadra Dora! Quando venne giù a desinare la domenica seguente, e si mostrò così lieta di vedere il caro Traddles (che desinava sempre con noi la domenica), noi pensammo che si sarebbe messa a correre come prima, fra pochi giorni. Ma ci si diceva: «Aspettate altri pochi giorni», e ancora: «Aspettate altri pochi giorni»; ma ella non correva più, né passeggiava. Aveva sempre un aspetto leggiadro e gioioso; ma i piedini, che solevano danzare così agilmente intorno a Jip, rimanevano immobili.
      Cominciai a portarla da basso ogni mattina, e di sopra ogni sera. Essa mi s’abbrancava al collo, e rideva intanto, come se lo facessi per una scommessa. Jip abbaiava e saltellava d’intorno, e andava innanzi, e si voltava sul pianerottolo, anelante, per vedere se andavamo su. Mia zia, la migliore e la più allegra delle infermiere, ci seguiva, semovente massa di scialli e di guanciali.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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