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      Questo, solo nell’istante del nostro ingresso, e nell’istante che potei dargli un’occhiata di sulla spalla di mia zia. L’istante appresso, egli era più servile e più umile che mai.
      – Ah, siete voi! – egli disse. – È veramente un piacere inatteso aver tanti amici intorno in una volta sola! Signor Copperfield, spero che stiate bene, e... se posso umilmente esprimermi così... siate benevolo verso quelli che si dimostrarono sempre vostri amici, in tutte le occasioni. La signora Copperfield, spero, sta meglio. Ci è dispiaciuto tanto, vi assicuro, sentire ultimamente che non stava bene.
      Mi sentivo vergognoso di lasciarmi stringere la mano; ma d’altra parte, come fare? – Le cose sono mutate in questo studio, signora Trotwood, dal tempo in cui ero un modesto impiegato, e reggevo fuori la porta il vostro cavallino, non è vero? – disse Uriah, con un sorriso miserabile – ma io non sono mutato, signora Trotwood.
      – Bene, signore – rispose mia zia: – a dirvi la verità, mi pare che abbiate mantenuto le promesse della vostra giovinezza, se questo vi fa piacere.
      – Grazie, signora Trotwood, per la vostra buona opinione – disse Uriah, con una ignobile contorsione. – Micawber, avvertite la signorina Agnese e mia madre. La mamma sarà veramente orgogliosa, quando vedrà tutti questi amici – disse Uriah, prendendo le sedie.
      – Non siete occupato, signor Heep? – disse Traddles, che aveva per caso sorpreso l’occhio rosso del volpone, che ci esaminava a uno a uno senza averne l’aria.
      – No, signor Traddles – rispose Uriah, riprendendo il suo posto e premendosi le mani ossute, palma contro palma, fra le ginocchia parimenti ossute.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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