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      Non dico nulla dello sguardo che egli mi saettò, mentre ci esaminava l’uno dopo l’altro; perché non ignoravo che m’odiava, e ricordavo l’impronta che la mia mano gli aveva lasciata sulla guancia. Ma quando i suoi occhi si posarono su Agnese, e vidi la rabbia con cui egli sentiva sfuggirsi ogni potere su di lei, e la delusione della ignobile passione che lo aveva fatto aspirare a una donna le cui virtù non poteva stimare, mi sentii offeso dal solo pensiero ch’ella potesse vivere, non fosse che per un’ora, in compagnia di un simile uomo.
      Dopo essersi stropicciato il mento, e dopo averci scoccato delle maligne occhiate, di sulle dita spettrali, si volse a me in tono un po’ querulo e un po’ insolente:
      – Giudicate che sia onesto, voi, Copperfield, che v’inorgoglite tanto del vostro onore e di tante altre frottole, di venire a far la spia in casa mia con la complicità del mio impiegato? Se fossi stato io, transeat. Io non ho la pretesa di spacciarmi per un gentiluomo (benché non andassi errando per le strade, come facevate voi una volta, a quanto m’ha detto Micawber) ma voi!... E non avete paura di farlo? Non pensate che potrò rivalermi in vostro danno? Facendovi processare per associazione a delinquere, eccetera, eccetera. Benissimo! Vedremo! Signor come vi chiamate, voi che volevate far qualche domanda a Micawber, vedete, eccolo là. Perché non lo fate parlare? La lezione la sa a memoria, immagino.
      Avvedendosi che ciò che diceva non aveva alcun effetto su di me e su nessuno, si sedette sull’orlo del tavolino con le mani in tasca, con un piede attorto intorno a una gamba, ad attender risoluto gli eventi.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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