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      La padrona era di sopra, aggiunse, e la signorina Dartle era con lei. Che cosa doveva andare a dire?
      Avvertendola di non mostrarsi agitata, e di portar soltanto il mio biglietto da visita e dire che aspettavo, attesi nel salotto (dove già eravamo arrivati) che ella ritornasse. Il salotto mostrava che non era più frequentato, e aveva le imposte socchiuse. Da molto tempo l’arpa non era stata più toccata. Il ritratto di Steerforth bambino era lì. L’armadietto ove la madre conservava le lettere del figlio era lì. Mi domandai se mai le leggesse più, ora; se mai le avrebbe lette più.
      La casa era così tranquilla, che udii il passo leggero della piccola cameriera salire. Al ritorno, ella mi disse che la signora Steerforth era indisposta, e non poteva venir da basso, e mi faceva le sue scuse, per esser costretta a ricevermi in camera sua. Dopo pochi istanti, io stavo dinanzi a lei.
      Non era nella camera sua, ma in quella del figlio. Mi dissi, naturalmente, ch’ella vi s’era stabilita in memoria di lui; e che i molti segni delle occupazioni del figlio e delle sue imprese, che la circondavano, vi rimanevano appunto com’egli li aveva lasciati, per la stessa ragione. Ella, però, mormorò, nell’atto di ricevermi, che stava lì perché era la camera meglio esposta e più conveniente al suo stato di salute; e con uno sguardo di alterezza respinse ogni più piccolo sospetto della verità.
      Accanto alla sua poltrona stava, come al solito, Rosa Dartle. Dal momento in cui mi mise addosso i suoi occhi neri, mi accorsi ch’ella indovinava che ero portatore di male nuove.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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