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      Da quando ero partito, non avevo visto più nulla di simile, e le speranze che avevo concepite per il mio amico crollarono tutte. Il capocameriere ne aveva avuto abbastanza di me. Non m’onorò più di uno sguardo, e si consacrò a un vecchio signore, calzato di lunghe uose, verso il quale parve andasse di sua spontanea volontà una bottiglia speciale di vino di Porto, perché egli non l’aveva ordinata. Il secondo cameriere m’informò sottovoce che quel vecchio signore era un notaio ritirato che abitava lì nella piazza, e aveva un mucchio di denaro che si credeva sarebbe andato a finire in mano della figlia della sua lavandaia; mi disse inoltre che si diceva che egli avesse in uno scrittoio l’argenteria da tavola tutta annerita dal lungo disuso, benché a memoria d’uomo nessuno avesse visto mai in casa sua più d’una forchetta e d’un cucchiaio. In quel momento, considerai Traddles definitivamente perduto, persuaso che non ci fosse più alcuna speranza per lui.
      Nonostante ciò, nell’ansia di rivedere il mio vecchio e caro amico, mangiai in fretta, in maniera da scadere sempre più nella stima del capocameriere, e m’affrettai ad uscire dalla porta di dietro. Il numero due nella Corte fu subito raggiunto; e un’iscrizione su uno stipite m’informò che il signor Traddles occupava un appartamento all’ultimo piano. Salii la scala, una scala vecchia decrepita, fiocamente illuminata su ogni pianerottolo da un lucignolo fungoso che spirava in una piccola prigione di vetro sudicio.
      Andando su a tentoni, mi parve d’udire dei piacevoli scoppi di risa; e non di risa d’avvocato o di procuratore, o di scrivano d’avvocato o di procuratore, ma di due o tre liete fanciulle.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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