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      Ella scoteva il capo, e a traverso le lagrime mostrava lo stesso tranquillo e melanconico sorriso.
      – Ed io ve ne son così grato, Agnese, che non trovo un’espressione adeguata per l’affetto che sento per voi. Io voglio che sappiate, e pure non so come dirvelo, che in tutta la vita m’ispirerò a voi, mi lascerò guidar da voi, come ho fatto in mezzo alle tenebre che m’è toccato attraversare. Qualunque cosa accada, anche se vi stringerete a nuovi legami, qualunque mutamento avvenga fra noi, io sempre mi inchinerò a voi e vi vorrò bene come faccio ora, come ho sempre fatto. Sarete sempre il mio conforto e il mio sostegno, come siete sempre stata. Fino all’ultimo giorno della mia vita, mia cara sorella, vi vedrò sempre innanzi a me, nell’atto di additarmi il Cielo.
      Ella rimase con una mano nella mia, dicendomi che era orgogliosa di me e di ciò che dicevo, benché la lodassi oltre il suo merito. Poi continuò a sonar pianamente, ma senza cessar dal guardarmi.
      – Sapete, Agnese, che ciò che ho saputo stasera – dissi – sembra stranamente in armonia col sentimento col quale vi guardai la prima volta... col quale io vi sedevo accanto nei primi giorni che vi ho conosciuta.
      – Sapevate che non avevo la mamma – ella rispose con un sorriso – ed eravate disposto a volermi bene.
      – Meglio ancora, Agnese. Sentivo, come se avessi conosciuto questa storia, che vi era qualcosa di tenero e nobile che vi circondava; qualcosa che avrebbe potuto esser triste in qualche altra ma non in voi.
      Ella traeva dolcemente qualche nota, sempre guardandomi.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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