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      I minuzzoli di ghiaccio, spazzati dal vento sulle erbe, mi volavano in faccia; gli zoccoli del cavallo battevano in cadenza sul suolo indurito; la neve, trasportata dalla brezza, turbinava nelle cave di gesso; i cavalli fumanti, attaccati ai carri carichi di fieno, si fermavano per respirare sulla spianata della collina e agitavano armoniosamente i bubboli; le pendici e le pianure di Downland sotto il cielo fosco sembravano disegnate su una lavagna colossale.
      Trovai Agnese sola. Le sue piccole allieve se ne erano andate, ed ella leggeva accanto al fuoco. Depose il libro, vedendomi entrare, mi diede il benvenuto, come usava sempre, prese il cestino da lavoro, e si sedette nel vano della finestra.
      Mi sedetti accanto a lei, e ci mettemmo a parlare del lavoro che stavo scrivendo, del tempo che mi sarebbe occorso per finirlo, e della quantità di fogli scritti dal giorno della mia ultima visita. Agnese era allegra; e scherzosamente mi disse che sarei diventato tanto celebre che non m’avrebbe potuto più interrogare su simili soggetti.
      – Così, come vedete – disse Agnese – mi affretto a parlarvene ora che sono in tempo.
      Guardavo il suo bel viso, chinato sul lavoro. Ella levò i suoi puri occhi sereni e vide che la guardavo:
      – Voi siete pensoso, oggi, Trotwood!
      – Agnese, vi dirò il perché! Son venuto per dirvelo.
      Ella mise da parte il lavoro come usava fare quando si discuteva di qualche cosa di grave; e mi prestò tutta la sua attenzione.
      – Mia cara Agnese, dubitate della mia sincerità con voi?


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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