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      Et poi segue.
      Voi sete hor qui: pensate a la partita;
      Che l'alma ignuda e solaConven, ch'arrivi a quel dubbioso calle.
     
      MAR. Benche questo è il fine della nostra vita, a cui tardi, o per tempo si conviene arrivare: nondimeno non vorrei, che'l nostro ragionamento finisse in morte. Onde dimmi ancora chi mandasse altrui a donare uno scacchiere?
     
      COR. Costui potrebbe con questo dono significar la vanità humana: percioche il tempo pretioso piu, che tutti i thesori del mondo, che doveressimo spendere in virtuose operationi, senza, che se ne perdesse alcuna parte, noi poco aveduti della mortalità in vani giuochi consumiamo. Non voglio io gia dire, che l'huomo non debba haver qualche ricreatione e ristoro: percioche, come dice colui, se mai non cessi di tirare, diverrai debole e molle. Ma si debbono procacciare passa tempi pur fondati in virtù: che sarebbono ragionamenti dilettevoli, & honesti, tralasciando tanta diversità di giuochi nel fine rincrescevoli, e dannosi.
     
      MAR. E chi mandasse a donare una penna temperata da scrivere?
     
      COR. Questo non sarebbe dono sconvenevole: la penna è cosa lieve, et è portata dal vento agevolmente. Onde e' significherebbe leggerezza.
     
      MAR. Chi mandasse a donar un cagnuolo?
     
      COR. Due proprietà sono del cane, l'una all'altra contraria: perche è fedele verso il suo padrone, in guisa, che si sono trovato de' cani, che hanno il loro signore combattendo contra a gli assalitori difesi da morte. Onde gli Egitij prima, che le lettere fossero state trovate, usando essi per iscoprire i concetti loro varie figure di animali, posero il cane per la fedeltà. Il che diede cagione a Giulio Camillo di far quel bel sonetto, che incomincia:


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Dialogo dei colori
di Lodovico Dolce
1565 pagine 133

   





Egitij Giulio Camillo