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      E, perchč maggiormente risalti la ragionevolezza della sua proposta, egli osserva che archi, templi, colonne, tutto insomma si sfascia e perisce: altro mezzo, quindi, non resta, per salvare nella perpetuitā il gran monumento, che di fabbricare addirittura una colossale rovina.
      Riconoscendo perō di aver detto nebulosamente quanto nebulosamente gli fermentava nella mente e dubitando di aver sognato come sognava l'antica fāvola; - Omero - egli scrive - dice che dalla mente di Giove procede il sogno. Cita quindi i versi di Virgilio: At Venus aetheros inter Dea candida nimbos, e quelli di Dante: Dentro del monte sta dritto un gran veglio, con quel che segue; rimembra, sempre a propōsito, l'avventura di Enča e Didone, parla dell'odio che č antico quanto l'amore, della caduta dell'impero romano, causata dalla Grecia, fā una giaculatoria di una paginetta a Včnere. (E ora, tu, o celeste idālica Dea ecc.) e se la piglia colla fiera Giunone non sazia della distruzione di Troja, vede ad un tratto un vecchio antico nel mezzo di un arco trionfale e, domandato chi č, si sente a rispōndere dalla falce che č il Tempo, vede ali d'āngelo e ali di pipistrello, l'Italia del nord e l'Italia del sud, la notte con veste coperta di stelle che regge due putti ossėa il giorno clic nasce e il giorno che muore, incontra il radiante cocchio del sole, il carro della libertā, e la quadriga del Cristiančsimo che esce dalle catacombe, si ferma a due acquedotti, con cascatelle di vetro, ermi e diruti, siccome le due arterie maggiori delle passioni umane, scorge pure l'albero de' sogni, il serpe dell'Eternitā, poi Vestali che consčrvano il fuoco sacro e Clio che presiede alla storia, e i nemici della patria che precėpitano a capofitto nel bujo di una spelonca, l'Averno dei Greci, nato dal Cāos e dalla Notte.


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I mattoidi
Al primo concorso pel monumento in Roma a Vittorio Emanuele II
di Carlo Dossi (alias Carlo Alberto Pisani Dossi)
Sommaruga Roma
1884 pagine 47

   





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