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      E avvenne che il neonato fu appeso alla poppa di una lagrimosa nutrice; una, cui il cielo, dopo molte preghiere, non avea dato un figliolo che per potèrglielo tôrre. Dùnque, Albertino, tra per le sue e quelle della nutrice, beve', più che non latte, làgrime: volea la provvidenza ch'ei se ne facesse una scorta.
      Chiare volte si diede una piantella più delicata di lui. A traverso della bambagia che lo avvolgeva continuamente, segnava più che un baròmetro il rimbeltempire e il maltempo o abbrividiva al suono di una voce angolosa. Ora, pensate a' suoi oscillanti nervetti in mezzo a un casone, come quel di Montalto, già fraterìa, dalla mobiglia che dì e notte stiantava, e di cui la più pìccola sala, poniamo l'abbigliatojo di donna Giacinta, avrebbe, con tutta comodità, tenuto un grosso elefante!
      Per la qual cosa, i primi ricordi di Alberto, quelli cioè, che, primi, hanno un deciso profilo in quella nebbia di strane e mezze memorie, traccie di una pre-esistenza, suònano vastità. Alberto ancor si rammenta di certo immenso scalone coi buchi da soffocare le faci, ch'egli, rasente al muro, leggero, sotto lo spago di solleticarne gli echi, scendeva; come di tal corritojo, che, nell'ora in cui le buone mammine rincàlzano le lenzuola ai loro cittelli, egli, sejenne, affidato dall'ava alla bambinaja e abbandonato da questa, dovea passare da solo; un corritojo, lungo come la vita de' frati, i quali, un sècolo prima, lo passeggiàvano; a travi, dall'ammattonato su e giù, terrìbile tanto, sopratutto agli svolti.


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
pagine 177

   





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