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      Il quale, un bel giorno, fatto cinquanta e dieci, trenta, andò con un po' di stricnìna a stoppar la sua buca. Una fortuna, vero? Senonchè Guido volle prefìgerle un'esse, e accettò la successione paterna. Ed èccolo intorniato da un nùvolo di scortichini, con fasci di carte sgorbiate, bollate. Egli, giù allegramente a pagare! paga di quà, paga di là, non si trovò alla fine avanzati che i piedi fuor dalle scarpe.
      E, jeri l'altro aggiunse il cugino lo rincontrai quì da noi. Quantunque molto male in arnese, ed io moltìssimo bene, attraversai la contrada apposta. Già; si sa, io sono un signore alla mano, io. E lo invitai a pranzo: parèami dire il suo viso "ho fame" giusto, come le sue scarpe (e quì il cugino bassò un'occhiata di compiacenza alle proprie, nuove e a vernice) Che vuoi? rifiutò. E con un far di superbia! Àqua!
      Ma, no; io sostengo il contrario. Guido, superbo? Oh l'aveste veduto, pochi dì appresso al racconto di Pietro, far capolino, con il cappello fra le mani e in aria di soggezione, nella ragionerìa Bareggi! Claudia, che a caso ivi era, il può dire.
      Sàlis veniva all'amministratore, e, nel pagargli una parte arretrata di fitto, si congedava dalla cameretta sua e da lui.
      La bella ragazza lo fisò tristamente.
      L'amministratore borbottò una frase convenzionale di dispiacere.
      Il giòvane allora, sempre con lo sguardo vèr terra, salutò e si volse.
      Fàtegli agio suggerì, sottovoce e con pressa, Claudia all'amministratore.
      Il quale:
      Signore fece se è per il fitto...
      La faccia di Guido imbragiò:


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
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