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      E allora ei si frugò nelle tasche; e ne cavò un mozzicone di làpis mezzo mangiato; era monco! Tentò di aguzzarlo con una lama di coltello da tàvola; non tagliava oltre il cacio.
      Ma lo soccorse un temperino del servo.
      E Guido, dietro il viglietto di Claudia, scrisse:
     
      Signorina gentile;
      non posso proprio accettare: un pùblico impiego mi vuole di giorno e spesso di notte. Di malincuore è il mio no; pur mi consolo pensando che lascio il posto a qualch'altro, certo più degno di me.
     
      Voi, capirete, lettori, che il pùblico impiego di Guido era tutta fandonia, sebbene ei già avesse, e l'ozio di un alto e la fame di un ùmile. Dùnque, che ne era del suo schietto caràttere? mò perchè ricusare un onestìssimo ajuto?
      Bella! se è un matto! salta su a dire un N.N., che a questo mondo cantò sempre nei cori. E, matto, in confidenza, è quel nome, molto di uso, che noi regaliamo a coloro, i quali òsan pensare diversamente di noi, quando ne sembra un po' forte il chiamarli o bestie o birbanti.
      Ma il viso della mia Bigia si fà più gognino del sòlito.
      Ve', se ha compreso!
      Tu allora, Bigia, e insieme a te, quelli che hanno intelletto d'amore e scèlgono le scorciatoje del sentimento, non chiederete certo perchè, allontanàtosi il servo, Guido si buttasse sul letto, a piàngere e a pentirsi, prima del suo rifiuto, del pentimento poi. Guido sentiva di aversi accecato il solo spiraglio di luce che ancor gli restasse, di avere perduto l'ùltimo filo che il ratteneva alla vita.
      Ma, un'ora dopo, un picchio alla porta: forse, della vecchia padrona di casa pel fitto settimanale.


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
pagine 177

   





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