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      Ma il tempo non si arrestava, mai.
      E finalmente, agli albori di un giorno, un vicino di lui, sì e no in pantòfole e col tabarro sulla camicia a ridosso, apparve alle due portinaje del mago e disse loro che qualcheduno stava sballando od era fatto sballar nella casa; egli ne avea sentito le grida, il ràntolo.
      Le portinaje, prima atterrite, occhieggàronsi poi indecise. Romperèbbero esse il divieto del loro padrone? traverserèbbero l'atrio? ne salirèbber le scale? E tentennàrono un poco. Senonchè, il caso premeva; risolvèttero il sì. Infatti, giunte al di là del ripiano, udìrono angosciosa la voce del mago gridare "oh mi risparmia; pietà!" indi, un gèmito lungo.
      Precipitârono nella stanza.
      Martino, in uno de' suoi peggiori accessi di necrofobìa, giù dal letto, e il letto sembrava quel delle streghe, era dinanzi uno specchio, al pàllido lume dell'alba, miràndosi con ispavento. E certo, l'aspetto di lui, dovea èssere bene stravolto, se le due donne agghiacciàrono, e l'uomo se la cavò... in cerca di un prete.
      Non l'avesse mai fatto!
      Il mago si vide perduto, vìdesi alle cimosse!
      Gira largo, via! stridette.
      Ma il prete fe' per pigliargli una mano. Martino addietrò, con terrore, come tôcca una biscia; diede nel letto, cadde entro la stretta...
      E in quella, per paura di morte, morì.
     
      E, come il mago non lasciò testamento, venne la sostanza di lui nel capitano Pisani, padre di Alberto; il quale fu nella misteriosa casina, prima ed ùltima volta, il giorno de' funerali del zìo. Chè, se il prevosto avea detto e ridetto che don Martino era assegnato da un pezzo a cibo di Barlicche-barlocche, non avea ciò tolto di glielo inviare con tutti gli onori possìbili.


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
pagine 177

   





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