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      Due giorni ancora, e la vostra graziosa padrona si storcerà in delirio sul suo lettuccio, un crepitìo di fiamma dannata all'orecchio, serrando convulsamente nelle mani aggrinzite una croce e nella mente esaltata un amante; ancora una notte! e voi la vedrete supina, immota, pàllida e fredda come l'alba nascente.
      O giovinette, peccate!
     
      Ma, mentre Alberto si tartassa il cervello a conto del libro suo e di lui, Paolino, tutto in facende, mette alla via la casa. Già, di essa, s'avea ricorso il tetto e le gronde, e dato ai muri una schiaffata di malta, e pettinato il giardino; già, s'èran tornati al sodo gli usci e a serramenti le imposte; mobilia nuova avea sloggiato o s'era frammista alla vecchia; e già, nella càmera a letto di don Martino, ora di Alberto, una tappezzerìa gris-tòrtora a mazzolini di rose copriva il ricordo di chi vi avea patito. La cucinetta poi, alias laboratorio, destava appetito al solo vederla: non più oscurìssimi autori, ma pigne di tondi e tripla acìes ænea lustrìssima; tàvoli e palcucci di abete con cangiata la pelle; un dispensino, che mille odori sapeva e tutti eccellenti; camino e fornelli pitturati in cirossa, che promettèvano succhi di lunghìssima vita, meglio di quelli del mago. In mezzo al che, Paolino, tutto di bianco, stava seduto, e con il mìgnolo a guida, compitava un suo clàssico: il Cavamacchie lunario per le donne di casa.
      Chè Paolino si avea una peculiare manìa e chi non ne ha? manìa pure dei gatti, di far cioè pulizìa. Ei non lasciava la scopa che per pigliare la spàzzola; la spàzzola, che per pigliare lo straccio: quì lo trovavi a nettar via la fanga a una scarpa, là accozzolando babbuccie o scamatando tappeti; in ogni dove, a sfregolar candelieri, anse di porta, cannelle.


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Vita di Alberto Pisani
di Carlo Dossi
pagine 177

   





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