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      Più che una specie di cavalleria aerea, la caccia rappresenta una accolta di cavalieri erranti nell'aria.
      Ora si comprende che in ciò vi è qualche cosa di falso perché la guerra è determinata da contrasti di masse. I cavalieri erranti dell'aria debbono dar luogo alla cavalleria aerea.
      Ho già accennato altrove che chi basa la sua potenzialità sulla velocità giuoca sempre una carta incerta. L'apparecchio da caccia che ne incontri uno più veloce si trasforma in apparecchio cacciato: perciò nessuna aviazione da caccia può mai avere la sicurezza di essere tale.
      Gli apparecchi da caccia debbono essere apparecchi eccezionali, sempre al limite delle potenzialità tecniche del momento, e richiedono piloti eccezionali. La guerra si fa con macchine ed uomini medi. Bisogna perciò modificare il concetto del combattimento nell'aria finora prevalso.
      Nel combattimento aereo, ciò che determina la vittoria è la potenza del fuoco che si può esercitare sull'avversario; la velocità non serve che per raggiungerlo o per sfuggirlo.
      Un apparecchio lento, ma armato in modo da potere costituire attorno a sé uno sbarramento di fuoco, si trova in grado di abbattere l'apparecchio da caccia più veloce.
      Un'unità da combattimento, composta di apparecchi lenti ma armati in modo da costituire attorno a sé uno sbarramento di fuoco, si trova in grado di sostenere l'attacco di cacciatori, pur non potendo sfuggire a tale attacco, né inseguire i cacciatori stessi.
      Ora all'unità da combattimento non è affatto necessario né sfuggire gli attacchi, né andare alla ricerca dell'avversario aereo.


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Il dominio dell'aria
di Giulio Douhet
De Alberti
1927 pagine 207