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      La sommossa si fece allora generale, si abbatterono gli stemmi e le insegne imperiali, e si disarmarono i soldati di picchetto negli ospedali ed in altre località dando ad essi dovunque la caccia.
      Il comandante del Forte, Leshke, senza indugio volle ricorrere alle armi dello spavento; e nelle ore pomeridiane fece piombare sulla città un gran numero di bombe, che, se cagionarono qualche rovina alle case, ebbero per effetto di accendere maggiormente l'entusiasmo belligero della cittadinanza; dopo tale preludio mandava un messaggio al Podestà, intimando che se la città non fosse ritornata alla soggezione imperiale, l'avrebbe bombardata ed incendiata. Il Soleri a sua volta domandava tempo per provvedere; ma allo scoccare della mezzanotte, in esecuzione della fatta minaccia, il Leshke apriva dal castello un furioso bombardamento.
      Questo procedere barbaro, che veniva principalmente a colpire donne e bambini giacenti nel sonno, inasprì i cittadini, che armati si fecero sotto al Castello e rispondevano al bombardamento prendendo a bersaglio i cannonieri nemici al grido "di viva l'Italia, viva il Piemonte."
      Quelli del giorno 23 e della notte del 24 marzo furono i primi bombardamenti subiti da Brescia nel 1848.
     
      Intanto sul mezzoggiorno del 20 marzo le ostilità da parte dell'esercito piemontese contro gli austriaci furono riprese, ma le sorti della guerra furono addirittura disastrose per le armi italiane.
      Il piano del generale in capo Chzamowsky, non era tale che potesse convenire ad un piccolo esercito, qual era quello potuto mettere assieme dall'eroico Piemonte.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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