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      Velletri, 20 maggio 1849.
     
      G. Garibaldi."
     
     
      Il generale Roselli, come era debito suo, trasmise la proposta di Garibaldi al Ministro della Guerra, esponendo le difficoltà dell'impresa e declinandone la responsabilità.
      Il governo Romano richiamò a Roma il Roselli col grosso delle forze; e lasciò Garibaldi con una brigata coll'incarico apparente di liberare i confini dalle masnade dello Zucchi, ma con quello reale di tentare l'impresa dell'insurrezione del Regno di Napoli.
      Il 23 di sera Garibaldi era coll'avanguardia a Frosinone, da dove il Zucchi era già partito; il 25 a Ripi; il 26 sconfinava a Ceprano, e saputo che Rocca D'Arce, posizione fortissima, era occupata dai Napoletani, inviava tosto i suoi bersaglieri ad assalirla. E i bersaglieri si slanciarono arditi su per l'erta scoscesa, aspettandosi da un momento all'altro d'essere salutati dalla mitraglia, ma arrivarono senza dare e ricevere un colpo, fino nel paese, ove non trovarono anima viva.
      All'annunzio dell'approssimarsi di Garibaldi, soldati ed abitanti colti da timore avevano sloggiato.
      Non fu toccata in quel paese la più piccola cosa. Le truppe si coricarono sulla piazza, tranquille, senza tentare di rompere un'imposta e vi passarono la notte.
      Garibaldi, saputo che un corpo di Svizzeri l'aspettava a San Germano ordinò al mattino di riprendere la marcia. Egli aveva in mente che se avesse potuto vincere una battaglia, la vittoria gli avrebbe aperta le porte del Regno.
      Altri però erano i pensieri del governo di Roma. L'invasione austriaca s'avanzava minacciosa; mentre Wimpfen s'inoltrava verso Ancona, un corpo sotto gli ordini del Lichtenstein marciava su Perugia; Roma poteva essere in pochi giorni stretta da braccia di ferro; fare argine a tanto pericolo era un'assoluta necessità.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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