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      Al Congresso di Parigi si fa eco dei dolori, delle miserie, delle speranze d'Italia - e l'Italia sente nel Piemonte se stessa - intuisce in Vittorio Emanuele il suo Re prode generoso e fedele.
      Finalmente a Plombiers si segna l'alleanza con la Francia, e l'ultimatum lanciato dall'Austria, tanto desiderato, dà la spinta al compimento dei destini della patria.
     
      Nel 1856 il generale Garibaldi trovandosi a Genova veniva ogni giorno, ogni minuto sollecitato, e messo alle strette da numerosi patrioti, i quali chiedevano che si mettesse alla loro testa per iniziare un ardito movimento Nazionale.
      Da tempo erano sorti due partiti in Italia: unica però la meta - la cacciata dello straniero: i mezzi per raggiungerlo, però, si palesavano assolutamente diversi. Gli uni rimanendo fedeli intransigenti al principio repubblicano volevano arrivarci colla rivoluzione. Gli altri, senza alcuna abiura ai principii, aderivano al patto con la Casa di Savoia che s'impegnava di mettersi alla testa del movimento Nazionale e di combattere per l'unità ed indipendenza d'Italia. Garibaldi sentiva che per raggiungere questo fine patriottico era necessario di far tesoro delle forze piemontesi e che la spinta, magari indiretta, doveva venire da quel principe leale e da quel governo. Egli quindi abbracciò questo secondo partito; per lui si doveva compiere l'unità italiana; ed è dovere riconoscere che la Casa Savoia era chiamata per virtù propria, per valore e per tradizione storica, a compiere i destini della patria.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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