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      Ma il Borbone non stava inoperoso. Ordini erano stati dati al comando delle truppe di Sicilia, per arrestare la marcia dei garibaldini e distruggerli.
      Infatti nella notte del 14 al 15 maggio Garibaldi aveva notizia che il generale Landi con un corpo di 3000 uomini ed artiglieria marciava su Calatafimi, e che a quella volta si era pure avviato il presidio di Trapani.
      Le bande dei Picciotti non erano ancora giunte nel numero che il generale avrebbe desiderato. Era dunque da pensare bene se con lo scarso numero di volontari male armati, fosse prudente attaccare posizioni fortissime, coperte ai fianchi ed alle spalle e difese da truppe regolari armate da buone carabine e da artiglieria.
      Non sarebbe forse stato pių prudente consiglio trincerarsi in Salemi, occupare coi Picciotti le alture circostanti ed attendervi l'attacco?
      Sė sarebbe potuto ricevere il nemico con una energica controffensiva e costringerlo alla ritirata; le bande avrebbero avuto tempo di formarsi numerose ed accorrere in aiuto, attaccando il nemico alle spalle.
      Ma Garibaldi era impaziente di misurarsi col nemico; sentiva nell'animo che una vittoria gli era necessaria; senza di che tutto sarebbe stato compromesso e, forse, tutto perduto.
      Non era dunque il caso di attendere il nemico a Salemi; bisognava andargli incontro audacemente, romperlo e sloggiarlo ad ogni costo da Calatafimi.
      E cosė fu deciso.
      La posizione nella quale eransi accampati i napolitani, chiamata fin dall'epoca romana "il Monte del Pianto" era forte per se stessa, perchč mentre impediva un rapido attacco, offriva validissimo riparo alla difesa.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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