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      Questi modi di governo non potevano essere senza effetto per la rimanente Italia. La concordia del Principe col popolo nel proponimento dell'indipendenza nazionale e della libertà civile e politica, la tribuna e la stampa libere, l'esercito che aveva salvata la tradizione militare italiana sotto la bandiera tricolore, fecero del Piemonte il vessillo e il braccio d'Italia. La forza del mio principato non derivò dalle arti di una occulta politica, ma dallo aperto influsso delle idee e della pubblica opinione.
      Così potei mantenere nella parte di popolo italiano riunito sotto il mio scettro, il concetto di una egemonia nazionale, onde nascer doveva la concorde armonia delle divise provincie di una sola nazione.
      L'Italia fu fatta capace del mio pensiero, quando vide mandare i miei soldati sui campi della Crimea accanto ai soldati delle due grandi potenze occidentali. Io volli far entrare il diritto d'Italia nella realtà dei fatti e degli interessi europei.
      Al congresso di Parigi i miei legati poterono parlare per la prima volta all'Europa dei vostri dolori. E fu a tutti manifesto, come la preponderanza dell'Austria in Italia fosse infesta all'equilibrio Europeo, e quanti pericoli corressero la indipendenza e la libertà del Piemonte, se la rimanente penisola non fosse francata dagl'influssi stranieri.
      Il mio magnanino(94) alleato, l'Imperatore Napoleone III, sentì che la causa italiana era degna della grande nazione sulla quale impera. I nuovi destini della nostra patria furono inaugurati da una giusta guerra.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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