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      Ricoverati entro le mura di Gaeta, i Borboni di Napoli si sforzavano di tener ancora testa alle forze vigorose dell'unificazione d'Italia, con una guarnigione di oltre 15 000 combattenti e con ben 528 bocche da fuoco.
      Nella notte del 10 novembre 1860, otto pezzi da campagna aprivano il fuoco con tiri in arcata, producendo grande sgomento negli assediati; nella notte successiva il fuoco fu ripreso. Il giorno 12 il generale Cialdini, comandante delle due divisioni 4a e 7a, che aveva occupato tutte le alture dominanti la città e spinti i suoi avamposti più presso il Borgo di Gaeta - oggi Tlena - decise di ricacciare entro la cinta quella parte di truppe borboniche che aveva stabiliti i suoi bivacchi sull'istmo fino all'attrattina: le fa assalire da buon nerbo di bersaglieri che colla punta della baionetta l'obbliga ad abbandonare ogni esterna posizione.
      Alla fine di dicembre tutte le batterie erano piazzate e l'8 di gennaio Cialdini ordinava si aprisse il fuoco. Mentre seguiva il bombardamento la diplomazia non mancava d'agitarsi. Napoleone III s'interponeva fra i belligeranti e riusciva a fissare un armistizio che aveva principio la stessa sera dell'8 gennaio per terminare il 19.
      Dal 19 al 21 furono fatte pratiche per la resa, ma avendo il Borbone rifiutato, alle ore 8 1/2 ant. del giorno 22 tutte le batterie assedianti entrarono in azione. Il bombardamento durò fino al 12 febbraio, producendo danni non lievi alla città e provocando esplosioni di magazzini di polvere.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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