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      I volontari accorsi intorno a lui, venivano dispersi ed egli stesso veniva portato in prigione nel forte del Varignano. Ecco come si svolsero i dolorosi fatti:
      Il Governo, istigato dall'imperatore dei Francesi, aveva determinato di arrestare Garibaldi sulla via di Roma, incaricando il generale Cialdini di anche combatterlo, qualora fosse necessario, e ad ogni costo arrestarlo disperdendo i suoi seguaci.
      Il general Mella, comandante della brigata Piemonte mandato in Sicilia sotto gli ordine del Cialdini, sapendo che diversi ufficiali suoi dipendenti erano stati compagni a Garibaldi nelle guerre combattute per l'indipendenza, considerando che questi mal si sarebbero trovati se condotti a combattere contro Garibaldi ed i loro antichi compagni, riuniva gli ufficiali superiori e, intesosi con questi, chiamava a rapporto gli ufficiali subalterni, e faceva loro intendere, che quelli che non si sentissero di combattere contro Garibaldi, potevano chiedere le dimissioni, giacchè l'ufficiale non essendo legato come il soldato, era libero di dimettersi; rammentava ad essi che da ufficiali d'onore avevano l'obbligo di francamente dichiararsi; accordava per ciò mezz'ora di tempo per decidersi.
      Gli ufficiali che erano stati compagni a Garibaldi, senza calcolare fin dove poteva arrivare la competenza dei loro superiori, piuttosto che combattere contro Garibaldi, il che avrebbero pur fatto anche a malincuore pur di compiere il loro dovere, in numero di trentadue rassegnarono le loro dimissioni, mai immaginando che ciò facendo il loro onore potesse rimanere intaccato.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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