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      La difesa di Monte Rotondo fu accanita. L'attacco incominciato all'alba era durato tutta la giornata; stava per calare la notte ed il fuoco continuava accanito da parte dei papalini; già molti dei nostri erano feriti, fra i quali, Mosto, Martinelli, Uziel; morti il Giovagnoli, l'Andreucci ed altri. "Bisogna finirla" grida Garibaldi - ed ordina di dar fuoco alla porta; verso le otto di sera la porta andava in fiamme e fattavi una apertura i garibaldini vi si precipitano dentro, gli antiboini si rifuggiano nel Castello ed all'albeggiare riprendevano le fucilate; ma visto che i volontari, penetrati nelle scuderie del principe Piombino, che era coi garibaldini a combattere per la liberazione di Roma, si preparavano a dare fuoco al Castello, incendiando il fienile, verso le 9 di mattino si arrendevano, lasciando in nostre mani due cannoni con un centinaio di cariche, circa 300 fucili e poche munizioni.
      Nella presa di Monterotondo si comportarono da valorosi, rimanendo feriti, Antonio Lazzari, Emilio Pignocchi, Guerrino Galeazzi, Giovanni Dottavi, Massimiliano Gianforlini, Gennaro Montevecchio, Vincenzo Spadolini, Campagnoli Aldebrando, tutti di Ancona.
      Ecco come il generale partecipava la presa di Monterotondo:
     
      Caro Fabrizi
     
      L'impresa di Monterotondo è certamente una delle più gloriose per questi poveri prodi volontari.
      In tutte le campagne in cui ebbi l'onore di comandarli non li vidi mai sì travagliati dai disagi, dalla nudità e dalla fame.
      Eppure questi valorosi giovani, stanchi ed affamati, hanno compito in questa notte un sanguinoso e difficile assalto, come non avrebbero fatto meglio i primi soldati del mondo.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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