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      Era di lassù che solo potevasi coprire la ritirata delle truppe combattenti nella valle. Rifiutandosi il cavallo di salire per l'erta dovette scendere; incaricò il capitano Bellavita di portare i suoi ordini al De Amicis e al Rayneri di tener fermo ad ogni costo, e ridiscese per dirigere l'incolonnamento della brigata.
      Quando il Bellavita ritornò dopo avere impartiti gli ordini, il generale Dabormida, questo fulgido eroe leggendario, era scomparso!
      Finito il periodo epico dei gloriosi combattimenti, si dava principio a quello tragico di una disastrosa ritirata! E, come era da immaginarsi, ne seguì una carneficina orrenda.
      I battaglioni De Amicis e Rayneri che avevano strenuamente sostenuto l'urto di un nemico più che quintuplo e che ancora stavano sulle alture a proteggere la ritirata, quando videro che il 6° ed ultimo reggimento si ritraeva per lo sbocco della valletta ad imbuto, anch'essi abbandonarono le trincee fin allora difese per ridursi al colle e ritirarsi; nella stretta insenatura di questa si svolse l'esodo triste di una grande brigata! - Soprafatta dal numero, sfinita dalla sete, dalla fame, lacera, semiscalza, dopo una intera giornata di combattimento, senza tregua, abbandonava il campo col cuore stretto dall'ambascia, ma fiera per il dovere compiuto! Fu una scena d'orrore illuminata dagli ultimi raggi del sole, che esso pure andava morendo. La brigata aveva strenuamente, eroicamente combattuto dal sorgere al tramontare del sole. Tutto era perduto anche per la brigata Dabormida - non era certo perduto l'onore.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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