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      Se poi qualcuno giudica troppo filosofico questo discorso, mi spiegherò, come suol dirsi, più alla buona.
     
      Chi negherà che un re è ricco e potente? Eppure, se manca del tutto dei beni dell'animo, se non è mai contento di nulla, è davvero il più povero di tutti. Se poi il suo animo è una sentina di vizi, è addirittura uno schiavo abietto. Lo stesso ragionamento si potrebbe fare anche per gli altri. Ma accontentiamoci dell'esempio proposto. A che scopo? domanderà qualcuno. State a sentire dove voglio arrivare.
     
      Se uno tentasse di strappare la maschera agli attori che sulla scena rappresentano un dramma, mostrando agli spettatori la loro autentica faccia, forse che costui non rovinerebbe lo spettacolo meritando di esser preso da tutti a sassate e cacciato dal teatro come un forsennato? Di colpo tutto muterebbe aspetto: al posto di una donna un uomo; al posto di un giovane, un vecchio; chi prima era un re, d'improvviso diventa uno schiavo; chi era un Dio, ad un tratto appare un uomo da nulla. Dissipare l'illusione significa togliere senso all'intero dramma. A tenere avvinti gli sguardi degli spettatori è proprio la finzione, il trucco. L'intera vita umana non è altro che uno spettacolo in cui, chi con una maschera, chi con un'altra, ognuno recita la propria parte finché, ad un cenno del capocomico, abbandona la scena. Costui, tuttavia, spesso lo fa recitare in parti diverse, in modo che chi prima si presentava come un re ammantato di porpora, compare poi nei cenci di un povero schiavo.


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Elogio della Follia
di Erasmo da Rotterdam (Erasmus Roterodamus)
pagine 124

   





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