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      Dopo la morte del maestro, egli si rivolse a Dositeo, del quale verisimilmente era stato condiscepolo, ed anche a Zeusippo, ma nulla affatto di questi due, che saranno stati essi pure scolari del matematico da Samo, è giunto insino a noi.
      Strabone asserisce, ed in questi ultimi tempi se ne sono avute ripetute conferme, che Archimede fu anche in relazione con Eratostene da Cirene, il quale da Tolomeo Evergete fu chiamato ad Alessandria per succedere al suo maestro Callimaco nella direzione della Biblioteca. Sarebbe difficile il determinare in quale ramo fosse maggiormente valente Eratostene. Chiamato «Beta», dalla seconda lettera del greco alfabeto, verisimilmente perchè giudicato secondo soltanto a Platone, gli scolari del Museo lo celebrarono con l'appellativo di «Pentathlon», cioè vincitore d'ogni sorta di ludi ginnici: così profondo negli studii di grammatica e di letteratura da voler essere per questi maggiormente celebrato, dettò trattati sopra gli argomenti più svariati: tentò, primo tra i Greci, la determinazione della grandezza della terra, e nelle scienze geografiche siffattamente si addentrò da dare, per giudizio dell'Humboldt, non solo una chiara descrizione di quanto esisteva, ma da esporre altresì ardite e felici considerazioni sopra la natura e la cagione dei mutamenti avvenuti: per quanto riguarda, finalmente, le matematiche propriamente dette, egli sembra non averne trascurato alcun ramo, ed il poco rimasto induce a deplorare maggiormente il molto perduto. Egli fu insomma e sotto ogni rispetto degnissimo che Archimede gli indirizzasse quella scrittura della quale diremo a suo tempo, e che venuta in luce più che venti secoli dopo la morte del suo autore, ha rivelato al mondo stupito un matematico ancor maggiore, se fosse possibile, di quello che le precedenti generazioni avevano ammirato.


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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma
1923 pagine 63

   





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