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      Ma assai più che qualsiasi istruzione dovette giovare a Galileo la convivenza col padre, che seppe istillargli quella indipendenza di giudizio e quel disprezzo per il principio di autorità allora imperante nelle scuole, i quali brillano di così vivida luce in tutti gli scritti di lui infino a noi pervenuti, e che dovevano costituire una tra le più forti caratteristiche dell'opera scientifica del figliuolo. Perchè nel Dialogo della musica antica e moderna Vincenzio Galilei si scaglia contro coloro che a sostegno d'una affermazione si contentano del solo peso dell'autorità senza curarsi di ricorrere ad altri argomenti: e quando vuole le questioni liberamente poste e discusse, come si conviene a chiunque si accinge alla sincera ricerca del vero, par di leggere una di quelle invettive nelle quali doveva, e così di frequente, uscire più tardi l'immortale suo figlio.
      Forse la tradizione del gran medico che era già stato lustro della famiglia, congiunta col pensiero che il seguirne l'esempio avrebbe condotto all'esercizio di un'arte a quel tempo tra le più lucrose, influì a decidere il padre a mandarlo allo Studio di Pisa, a farlo colà inscrivere fra gli Artisti ed a mantenervelo, non ostante che venisse ripetutamente respinta l'istanza per ottenergli un luogo nel Collegio di Sapienza nel quale erano ospitati e spesati quasi gratuitamente quaranta scolari dello Studio.
      Educato dal padre a libertà di pensiero, mal poteva il giovane studente piegarsi a dogmatizzare coi suoi maestri ora nel nome di Aristotele ed ora in quelli di Platone e di San Tommaso, mentre con la propria ragione, con l'osservazione dei fatti, con esperienze sensibili poteva appagare il suo spirito, studiare i fenomeni e porgerne la vera spiegazione.


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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