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      Eppure anche allo storico più scrupoloso ripugna di relegare addirittura tra le leggende alcune narrazioni alle quali il nome di Galileo è così strettamente connesso da sembrare quasi sacrilegio il sentenziare senz'altro che si tratta poco meno che di favole.
      Tra queste sarebbe anzitutto la celeberrima scoperta da lui fatta dell'isocronismo delle oscillazioni del pendolo, dedotta dalla uguaglianza delle vibrazioni d'una lampada sospesa alla vôlta del duomo di Pisa; osservazione da riferirsi al tempo in cui egli era scolaro dello Studio, anzi, come sembra potersi fissare con maggior precisione, intorno all'anno 1583. Nel duomo di Pisa si vede, ed è tenuta con grandissima venerazione, la lampada che, abbandonata a sè medesima dallo scaccino che l'aveva accesa, avrebbe col suo oscillare dato motivo all'osservazione del giovanetto studente, anzi non altrimenti che col nome di "Lampada di Galileo" viene comunemente indicata. Ma ecco che i frugatori di archivi vengono fuori con un documento a provare che proprio quella lampada, modellata da Battista di Domenico Lorenzi ed eseguita da Vincenzio di Domenico Possenti, fu messa a posto il 20 dicembre 1587, e quindi subito altri a negare la tradizione costante e l'autenticità della osservazione, come se in duomo non fossero state prima altre lampade, oppure avessero potuto diversamente da quella oscillare. Or bene, a quella tradizione noi prestiamo fede, e crediamo col Viviani, che siccome Galileo allora, di buona o di mala voglia, pur seguiva gli studi di medicina, gli sia sovvenuto subito che in questi la avvertita egualità delle vibrazioni d'un dondolo avrebbe trovata utile applicazione nel misurare la frequenza del polso, del quale, a quanto si narra, erasi servito per notare l'isocronismo.


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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