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      Perduta anche questa speranza, perchè il Lettore che aveva abbandonata quella cattedra l'aveva poi rioccupata, chiese gli venisse concessa una lettura di matematiche già istituita in Firenze dal granduca Cosimo I, senza però ottenerla; e così tutto l'anno 1588 e buona parte del 1589 trascorsero senza ch'egli vedesse in qualche modo rimunerati quegli studi, per i quali non aveva fino allora riscosso altro che il plauso degli intelligenti.
      Intanto, per buona ventura, la cattedra di matematica nello Studio di Pisa era rimasta definitivamente vacante, e mercè i buoni uffici del verace ed affezionato suo amico marchese del Monte, potè finalmente conseguirla nel luglio 1589, quando cioè egli aveva appena raggiunti i venticinque anni e mezzo di età. Quantunque il misero stipendio di sessanta scudi annui che gli veniva assegnato, non fosse tale da permettergli di dedicarsi tutto intero agli studi favoriti, nondimeno, poichè null'altro gli si offriva di meglio, accettò di buon animo Galileo il sollecitato ufficio e in sul cominciare dell'anno scolastico 1589-90 diè principio alle lezioni. Ma, oltre alla soverchia esiguità dell'assegno, altre cause si aggiunsero ben presto a rendergli assai poco gradito l'ufficio. I suoi nuovi colleghi erano per buona parte quelli stessi che pochi anni innanzi erano stati suoi maestri, e che avevano avuto ben poco da lodarsi della docilità e della acquiescenza di lui alle dottrine che venivano insegnando. Ritornando dunque nello Studio di Pisa, egli vi trovava, ed anche cresciute, quelle stesse antipatie con le quali vi era stato accolto come discepolo.


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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