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      Galileo dovette fin da principio comprendere tutti i pericoli che poteva trarre seco il sostenere una dottrina di tanta importanza ed in appoggio della quale non si sentiva ancora d'aver raccolto tutto il corredo dei necessari argomenti. Se così acerba guerra eraglisi mossa a Pisa quand'egli con sensibili esperimenti, demolendo la meccanica di Aristotele, poneva le basi fondamentali della dinamica, che non sarebbe avvenuto se ad un tratto egli si fosse fatto ad insegnare dalla cattedra il moto della terra? I peripatetici sono lettori e scrittori, e quindi suoi pari; alle loro osservazioni contrappone altre osservazioni, ai loro argomenti altri argomenti; e come ha coscienza della sua dottrina e della loro ignoranza, così si vale con fierezza e con sicurezza di tutte le armi che gli vengono fornite dall'ingegno, e dallo studio; esamina, discute le loro opposizioni con vigoria dialettica, e non di rado con fina e pungente ironia: contro loro, in una parola, Galileo può liberamente ed efficacemente discutere, avendo dalla sua anche alcuni ecclesiastici. Avversarii di natura diversa sono i teologi: essi rifuggono dall'esame e dalla disputa, perchè si credono giudici e non uguali, mettono la Scrittura Sacra avanti il ragionamento e le osservazioni, rivendicando a sè soli la prerogativa di interpretarla. Nulla possono contro di essi le armi dello scienziato; Galileo non può appellarsi dal loro giudizio a quello del pubblico; gli è interdetta la difesa, egli è inerme al loro cospetto.


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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