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      Come e sotto qual forma la notizia sia pervenuta a Galileo, possiamo soltanto ricavare dalle diverse narrazioni, non tutte per veritą pienamente concordi tra loro, che egli stesso ce ne ha lasciato, in una delle quali, stesa fra il febbraio ed il marzo 1610, egli scrive: "Sono dieci mesi incirca che pervenne ai nostri orecchi un certo grido, esser stato fabbricato da un tal Fiammingo un occhiale per mezzo del quale gli oggetti, benchč assai distanti dall'occhio, si vedevan distintamente come se fosser vicini, e di questo effetto invero ammirabile si raccontavano alcune esperienze, le quali altri credevano, altri negavano. L'istesso pochi giorni dopo fu confermato a me per lettera di Parigi da un tal Iacopo Badovere, nobil franzese; il qual avviso fu cagione che io mi applicai tutto a ricercar le ragioni e i mezzi per i quali io potessi arrivare all'invenzione di un simile strumento; la quale conseguii poco appresso, fondato sopra la dottrina delle refrazioni. E mi preparai primieramente un cannone di piombo, nelle estremitą del quale accomodai due vetri da occhiali, amendue piani da una parte, ma uno dall'altra convesso e l'altro concavo; al quale accostando l'occhio, veddi gli oggetti assai prossimi ed accresciuti". Ed in altra narrazione prosegue: "Mi applicai poi subito a fabbricarne un altro pił perfetto, il quale sei giorni dopo condussi a Venezia, dove con gran maraviglia fu veduto da quasi tutti i principali gentiluomini di quella repubblica, ma con mia grandissima fatica per pił d'un mese continuo.


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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