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      Finalmente, per consiglio d'alcun mio affezionato padrone, lo presentai al Principe in pieno Collegio, dal quale quanto ei fosse stimato e ricevuto con ammirazione testificano le lettere ducali, che sono ancora presso di me, contenenti la magnificenza di quel Serenissimo Principe in ricondurmi per ricompensa della presentata invenzione, e confermarmi in vita nella mia lettura dello Studio di Padova, con duplicato stipendio di quello che ne aveva per l'addietro, che era poi più che triplicato di quello di qualsivoglia altro mio antecessore".
      La Repubblica Veneta infatti che, nell'occasione d'una prima conferma di Galileo nella lettura, aveva portato il suo stipendio a trecentoventi fiorini ed in una seconda l'aveva aumentato di altri duecento, cosicchè anzi egli non aveva dato seguito a trattative corse per passare al servizio del Duca di Mantova, grata dell'omaggio fattole, l'aveva eletto a vita elevandone l'assegno a mille fiorini.
      Nel rozzo cannocchiale che Galileo aveva mostrato sul campanile di S. Marco ai patrizi veneti, che s'erano con lui arrampicati fino a quell'altezza, si ravvisava soprattutto uno strumento di guerra, e forse questa fu la causa che indusse il Senato a così grande generosità. Ma quello che ai fini politici di Venezia era sembrato strumento sicuro di potenza marittima e terrestre, divenne più presto nelle mani di Galileo strumento di più alte e immortali conquiste.
      Dalla terra egli lo volge al cielo ed in breve volgere di tempo scopre più verità astronomiche che non fossero state trovate nel corso di trenta secoli; ed il primo pensiero di questo reprobo, il cui capo, fatto venerando, era serbato ai fulmini di Roma, è un inno di ringraziamento a Dio che s'era compiaciuto farlo "solo primo osservatore di cosa tanto ammiranda e tenuta a tutti i secoli occulta".


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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