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      Chi mai presumerà di ritrarre la commozione che avrà provato Galileo davanti alle meraviglie rivelategli dal cannocchiale? Lo stesso Sidereus Nuncius nel quale si affrettò a consegnare il risultato delle sue osservazioni, a mano a mano che le andava facendo, non ce ne conservò altro che un pallido riflesso. Il primo entusiasmo è già svanito; lo scienziato racconta le sue scoperte con calma, con quella calma che ne conferma la piena ed assoluta certezza.
      Le montuosità della Luna, le innumerevoli stelle della Via Lattea, quelle delle nebulose del Cancro, le molte delle Pleiadi e d'Orione, e qua e là per il firmamento un così gran numero di stelle da superare più che il decuplo di quelle fino allora conosciute, appartengono ai primi fatti rivelati dal telescopio nell'autunno 1609.
      Addì 7 gennaio 1610, mentre stava osservando Giove, gli vide dappresso tre stelle, che stimò fisse, piccole ma brillantissime, e disposte secondo una linea retta parallela all'eclittica, più risplendenti assai d'altre pari in grandezza. Nel giorno successivo tornò a vederle, ma diversamente disposte rispetto a Giove, e già nella notte del 10 era indotto a concludere che quell'apparente cangiamento di luogo non seguiva in Giove, ma nelle stelle. Nella notte successiva, dell'11 gennaio, tornò a vedere due stelle collocate dalla stessa parte rispetto a Giove, ma con distanze diverse, e l'una dell'altra maggiore in grandezza, mentre nella sera precedente erangli apparse uguali; e di qui egli traeva già la conclusione che tre dovevano essere le stelle da lui osservate.


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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