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      Addì 13 finalmente gli apparvero d'un tratto quattro stelle intorno a Giove, tre ad occidente ed una ad oriente: il 14 non potè osservare, ma il 15 nell'ora terza di notte vide nuovamente le quattro stelle, tutte però ad occidente. Il sospetto che fin dalla seconda osservazione egli aveva già cominciato a nutrire, è ormai divenuto certezza completa: le stelle non sono fisse, ma satelliti che si muovono intorno a Giove: la terra intorno alla quale, per consenso di Tolemaici e di Copernicani, girava la luna, non era dunque più un centro unico di movimento intorno al quale s'aggirassero tutti i corpi celesti; Giove, mobile esso pure, sia intorno al sole, sia intorno alla terra, aveva anch'esso quattro lune: la terra non era dunque più centro dell'universo: il cosiddetto "re della creazione" era balzato dal suo effimero trono: il sistema astronomico sul quale avevano giurato fede inconcussa tante generazioni di filosofi era crollato per sempre!
      I Peripatetici, scorati dal nuovo e fierissimo colpo, ricorrono al comodo spediente di negare le annunziate scoperte, chiamandole una illusione del cannocchiale e rifiutano di applicarvi l'occhio per timore di doversi ricredere: gli astrologi si ribellano a priori contro la possibilità della esistenza di nuovi pianeti, che demoliva dalle mal connesse fondamenta lo sgangherato edificio degli influssi e dei pronostici.
      Ma gli avversarii hanno un bell'ingegnarsi (così lo stesso Galileo al Keplero) di sconficcare a furia di argomenti loici, come per arte magica, i nuovi pianeti dal cielo; nulla vale a trattenere il trionfale cammino del Sidereus Nuncius che reca ai mortali l'annuncio dei meravigliosi discoprimenti.


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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