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      La scuola di Locke accettava il dubbio e vi trovava nuove forze per disfidare il dogma lungo tempo inoppugnabile della cristianità; il dubbio era liberatore, era il primo principio del libero esame, il dubbio feriva Cristo in cielo e si ricadeva necessariamente sulla terra, nella sensazione di Locke, nella sfera dei fatti. Fu chiesto se il dubbio non feriva il fatto stesso, se distrutto il cielo non invadeva la terra, se non rendeva incerto l'avvenire, incerta la fede nella rivoluzione, incerta ogni speranza di sfuggire alle tirannie del passato. Vedevansi gli uomini sorgere liberi ed eguali dal limo della sensazione: fu chiesto se l'ineguaglianza che sorge dalla sensazione non è anch'essa legittima; se, opera della mente che sovrasta al diritto primitivo, non ha anch'essa il suo diritto. Confidavasi nella ragione: fu chiesto se la ragione non è fuori del senso; se, posta fuori del senso, nelle idee, non ha il diritto di trascendere la natura, se nel trascendere la natura, non ha il diritto di disprezzare il mondo che la scuola di Locke presenta come la terra promessa, se non ha il diritto di metter capo nel cielo di Socrate o di Platone o de' neoplatonici, d'onde si passava nel cielo di Cristo. Quindi nuovi sistemi oltrepassavano disdegnosi la conquista di Locke, spiegavano il volo attraverso la storia, e rimaneva dubbio se la rivoluzione non fosse un accidente, se la negazione volteriana, se la demolizione di Rousseau non fossero traviamenti di un popolo febbricitante; e dottamente si trassero innanzi Leibriiz, Descartes, tutte le filosofie sconfitte, or consigliando a filosofi di allontanarsi dal campo della politica, or consigliando alla rivoluzione di tramutarsi in una nuova fase del cristianesimo, or trasportando il problema dell'umanità in cavilli sì audacemente impotenti, che l'avanzare diveniva impossibile, il retrocedere sembrava buon consiglio.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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