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      Le forze, non sono esseri indipendenti, si manifestano inseparabili dalla materia. Poi supposte indipendenti, non toglierebbero la contraddizione del rapporto: le forze, invadendo i corpi, li traverserebbero come se fossero ombre, si compenetrerebbero momentaneamente con essi, ne distruggerebbero l'individualità, la distinzione delle cose svanirebbe. Il corpo invaso, cessando d'essere ciò che era, subirebbe ancora l'alterazione del moto. D'altronde, il moto identificato colle forze si separerebbe dai corpi quando le forze se ne separano: si vedrebbe la corsa staccarsi dal cavallo; si potrebbe dire colla scuola di Megara: havvi il cavallo, havvi la corsa, non havvi il cavallo che corre. Infine, nell'ipotesi che separa le forze dalle cose, per rimanere coerenti dobbiamo separare altresì tutte le proprietà da tutte le sostanze: se si divide materialmente il peso dal ferro, si deve staccare materialmente il verde dall'albero, e la stranezza del divagare non ha più limite alcuno.
      Ammettiamo che le forze siano inerenti alla materia: ciò posto, le forze non passano più da un oggetto all'altro, non possono più essere trasmesse; nell'urto, il motore non fa che risvegliare le forze latenti del mobile; il mobile non è passivo, si move per una sua propria energia, per una reazione eguale all'azione del motore. E tale è la teoria dei fisici; la meccanica si fonda sul principio che la reazione eguaglia l'azione; ma questo principio scopre appunto la contraddizione che si vorrebbe dissimulare.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Megara