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      Voi dite che la reazione eguaglia l'azione; voi dite che il mobile si muove traendo il suo moto dall'energia occulta che esso possiede, e che reagisce; ciò prova che voi sentite la necessità logica di rispettare l'individualità del mobile, di fare che non sia invasa, di mantenere la distinzione che la separa da ogni altro oggetto. Spinto dalla logica, isolate talmente il mobile, che gli supponete tutte le forze che gli hanno dato e gli daranno il moto. Non è dunque evidente che il fatto della reazione distrugge la vostra teorica dell'azione? Non volete che le forze del motore si trasportino nel mobile; volete che stiano nel motore. In qual modo il motore risveglierà dunque la reazione là dove non è, nel mobile? Che le sue forze vi si trasportino lasciandolo o non lasciandolo, non cessa egli di esercitare una azione esteriore al suo essere, all'interno di un altro oggetto; non cessa di essere là dove non devesi trovare, non cessa di dare una mentita alla distinzione dei corpi. Che l'essere sottoposto all'azione la subisca passivamente o reagendo colle proprie forze, egli non di meno è invaso o distrutto nella sua identità, e questa volta colla differenza che la reazione è un mistero aggiunto al mistero dell'azione. Dicesi che il mobile è dotato di forze latenti, che possiede una potenza occulta: qual'è questa potenza? Essa può tutto ciò che può diventare il mobile; è la potenza della sua rapidità, della sua lentezza, del suo ingrandire, del suo diminuire; è, come si dice, la sua forza d'inerzia, la forza della sua immobilità e del suo moto, la forza dei contrari.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693