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      Io osserverò, che la mia coscienza non guarda alla giustizia degli uomini che mi circondano per rischiararmi e per dirigere le mie azioni; e quand'anco tutti gli uomini fossero ingiusti, i principj del diritto e del dovere resterebbero indomiti nel fondo del mio cuore. Forse il regno della giustizia potrebbe essere il regno della felicità; ma gli uomini non sono giusti, ma la perfidia può esser utile, ma lo Stato medesimo può commettere utilissimi misfatti. Il bene pubblico creò la ragione di Stato; esso dettò quelle inique parole: necesse est ut unus homo moriatur pro populo; Roma condannava a morte Spurio, benchè innocente e benefico; Roma sorgeva sulle ruine delle antiche repubbliche. All'interno il ben pubblico sacrifica l'uomo al cittadino, all'esterno l'umanità alla patria; e rinveniamo il dilemma del giusto e dell'utile nell'antitesi dell'interesse pubblico e dell'interesse privato, poi nell'antitesi dello Stato e dell'umanità.
      La teoria dell'utile, fallita ne' tre beni del piacere, della soddisfazione morale e dell'interesse pubblico, si riabilita col quarto bene, dell'ordine universale. Abbiamo veduto che invocare l'ordine universale torna lo stesso che invocare l'ignoto, o far luogo agli interessi iperbolici proposti dalle religioni; e quanto più l'interesse si fa grande, tanto più il dovere protesta contro l'interesse. Ho già menzionato l'egoismo del devoto, e la fatua immoralità del monaco; ora citerò Platone. Egli eccelle nell'opporre il giusto all'utile; nessuno l'oltrepassa nello svolgere l'antitesi della morale e della politica; e a dispetto della sua propria analisi, vuole che il più gran bene sia la giustizia, e che il mártire sia l'uomo più felice.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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