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      Diremo che non sa dissimulare nè dominarsi per dominare i suoi simili? Inoltre, se la giustizia è un bene, se trova in sè stessa la sua mercede, perchè prometterle un premio celeste? Perchè Platone, esausta la sua dialettica, invoca una teodicea? Perchè ci narra una favola sulla vita trasmondana, egli che voleva tutti i beni posti nella virtù, egli che aveva accettato la sfida di annichilare l'utile separato dal giusto? D'altronde, che troviamo noi nel cielo di Platone? Troviamo il bene supremo, la bellezza, l'ordine dell'universo: ma Platone non s'innalza se non scegliendo arbitrariamente tra il dovere ed il piacere, tra il savio ed il tiranno, tra il bello e il deforme. Giunti al bene supremo, possiamo colpir nel cuore tutto il suo sistema, sostituendo al bene supremo tutti i piaceri, tutti i gaudj tutti gli interessi da lui prescritti; possiamo sostituire al tipo della saviezza perfetta il tipo di una infinita tirannia; in una parola, possiamo surrogare al supremo bene, ciò che Platone avrebbe chiamato il male supremo. Le due idee del bene e del male sono concette ad un tempo, s'intervertono reciprocamente, diventano a vicenda il bene e il male: qual principio, qual ragione potrebbe vietarci la interversione del platonismo? Lo stesso Platone l'autorizza. Nel Parmenide accenna la possibilità di sviluppare in ordine inverso il mondo delle idee; confessa che l'antitesi rende dubbia ogni cosa; riconosce che, tolta a' suoi veri parenti, la dialettica è potente nel male quanto nel bene.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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