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      Ma perchè ricompensare il sacrifizio? perchè punire l'egoismo che non vuol cedere alla legge? se l'utile deve essere l'unica nostra legge, l'uomo che la segue merita un premio, e non una pena, bisogna premiare l'egoista: se il dovere è la nostra legge unica, l'uomo che si sacrifica merita una pena (e non un premio), affinchè il sacrificio continui. Perchè compensare nella sanzione il bene col male, e il male col bene? Se lo spostamento del bene e del male era necessario, la sanzione lo viola, ritorna le cose allo stato primitivo, supposto falso e dannoso. Se lo spostamento era accidentale, non essendovi legge alcuna che lo reclamasse, la sanzione è un fatto senza causa e senza motivo. Sarebbe mestieri farci meritare il bene e il male? Sarebbe forse questo lo scopo dello spostamento operato dalla sanzione? Allora, noi lo ripetiamo, il merito consisterà nell'opporci a noi stessi, nel negare la nostra propria natura, nei violare la legge della felicità, e tosto ristabilirla. Il merito sarebbe un controsenso, e in ogni modo la sanzione e la legge si escluderebbero vicendevolmente.
      Concludasi: alla fine del dramma della moralità, in presenza della sanzione, troviamo sotto nuova forma la stessa contraddizione che ci fermava al primo passo, quando il primo sguardo sul nostro destino ci mostrava il dilemma dell'interesse e del dovere.
     
     
     
      Capitolo IX
     
      DIO SOPPRIME IL DOVERE
     
      Le religioni ci rappresentano il destino dell'uomo come un dramma che comincia colla pena del lavoro, e in cui Dio finisce per premiare o per punire: qui, come altrove, il deismo conferma tutte le contraddizioni, esagerandole all'infinito.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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