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      Dio non poteva imporre una legge senza creare la distinzione del bene e del male; dunque ha creato il male, dunque ha peccato; per malvagità, o per impotenza, poco ci cale; il peccato sarà eterno come Dio; e lo sperare una riparazione o una redenzione sarebbe sperare il bene vedendo il male, o credere che il male possa un giorno conciliarsi col bene, oppure crearlo.
      Dio, diventando legislatore, deve renderci liberi: dunque ci dà facoltà di ribellarci alla sua legge, di dannarci: e se bisognava un demonio per tentarci, al certo bisognava oltrepassare il genio stesso del male per rendere possibile la vittoria del demonio. Per la libertà, Dio perde una parte della sua previdenza, gli sfuggono le nostre azioni, lascia limitare la sua potenza, e da ultimo pubblica una legislazione a bella posta perchè venga violata. Che se non siamo liberi, se Dio stesso opera nella nostra persona, è Dio che combatte colle nostre armi; i nostri vizi, le nostre virtù, sono i vizi e le sue virtù di Dio, il quale deve solo punire o premiare sè stesso nel dramma che rappresenta sulla terra, seguendo o violando la sua propria legge. Egli è empio nel crearci liberi, empio nel rifiutarci la libertà.
      Anche ponendo la legge divina e la nostra libertà, il comando di Dio non può obbligarci. Se anche Dio stesso discendesse sulla terra, lo vedessimo co' nostri occhi, ne intendessimo la voce, mancando un principio anteriore d'obbligazione, saremmo sempre liberi di resistere agli ordini suoi.
      Con qual diritto Dio potrebbe imporci codesti ordini? non trovo questo diritto nella sua potenza, e s'anco fosse infinita non potrebbe creare il diritto: la giustizia consiste appunto nella forza morale per la quale ci opponiamo alle potenze che vogliono incatenarci.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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