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      Il cogito è nelle nostre facoltà, ed è Dio che legittima le nostre facoltà: Dio può voler ingannarci, questa volontà può svilupparsi all'infinito. In che dunque differisce egli dal genio del male? Perchè non potrebbe esser egli quel genius aliquis che potrebbe illuderci col fantasma di un mondo che non esiste?
      Per Descartes ogni cosa dipende da Dio: Dio è l'unico principio; senza di lui la matematica è incerta, perchè il matematico può dubitare della legittimità della sua ragione. Tolto Dio, il mondo può non essere che un sogno, perchè nessuno ci rassicura della verità dei nostri sensi; tolto Dio, nessun assioma potrebbe esser vero; lo stesso principio io penso, dunque esisto, potrebbe essere falso. Sotto il rapporto della creazione, sotto quello della conservazione, tutto dipende da Dio, che è l'unico criterio del vero; e questo Dio che riassume la materia della logica, può ingannarci, c'inganna, e ci ingannerà forse all'infinito. Eccoci dunque respinti nel dubbio, fra le braccia del genius aliquis, del genio dell'errore; eccoci di nuovo all'assioma tutto è falso, tutto impossibile.
      Tormentato dal mistero dell'errore, Descartes ha imaginato una seconda teoria psicologica, nella quale attribuiva l'errore alla nostra volontà. Ma la volontà non pensa, non giudica, l'errore è nel pensiero e nel giudizio: la volontà genera la menzogna; l'illusione è sempre involontaria. Lo stesso Descartes non credeva ottima la sua teoria psicologica dell'errore; e altrove cercava nella memoria ciò che Malebranche avrebbe chiamato la prima occasione dell'errore.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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