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      Tutto cambia, dice Protagora; e se tutto non cambiasse? e se vi fossero cose eterne e invariabili? Tutto si riferisce a me; e se tutto non si riferisse a me? e se vi fossero cose esistenti per sè? La mia persona è la misura delle cosa; e se la misura delle cose non fosse la mia persona? se io non fossi se non un accessorio, un'apparenza, la forma di una misura universale, impersonale, qual'è la ragione? Protagora sarebbe vinto, e lo fu realmente, dal genere inalterabile di Platone, dalla ragione di Socrate; fu vinto perchè al di là del rapporto s'intravvede l'oggetto, perchè il mondo si rivela, astrazion fatta da me, e perchè io non sono se non una relazione e forse un errore dcl mondo. Per Protagora l'anima non è se non la collezione de' diversi momenti del pensiero; d'onde viene dunque l'apparenza dell'unità? essa è incontestabile quanto la distinzione de' pensieri. Giusta Protagora, il bene in sè è l'utile; perchè non sarebbe egli il danno, il sacrificio? Noi ci figuriamo la virtù come un bene, il sacrificio esce spontaneo dalla nostra volontà. In breve, i sofisti non conoscono l'istrumento della critica; fanno aggirare la critica sul punto di una tesi, non sanno intervertire la tesi, nè reciprocare i dilemmi alternando i termini. Per trionfare, il dogmatismo ebbe solo a rizzare la sua tenda alquanto più lungi sopra nuove tesi.
      La teoria del dubbio si avanza d'un passo con Pirrone, che mette in opposizione i generi cogli individui, l'intelligibile col sensibile. La contraddizione si estende, e ingrandisce; con qual processo?


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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