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      La questione non è questa; non si tratta di alcuni fatti oscuri, equivoci, confinati in un angolo dell'universo, nel nostro misero pianeta; la questione hegeliana è metafisica, incomincia prima dell'origine del globo, prima della materia, nel seno dell'eternità; non finisce colla terra, e oltrepassa ogni previsione possibile. Noi siamo in presenza dell'immensità, dell'ignoto; il regresso è possibile come il progresso. Se la terra non è antica potrà invecchiare, deve raffreddarsi; la fisica può predire il giorno in cui sarà rappresa del gelo della morte; si può supporre che gli astri si spegneranno, si deve supporlo. Perchè dunque scegliere il punto di partenza nell'essere eguale al nulla, piuttosto che in una natura perfetta? perchè supporci figli d'un progresso continuo, mentre forse siamo figli d'una degenerazione, d'una decadenza progressiva che condurrà la natura all'essere indeterminato eguale al nulla? Gli antichi partivano dal perfetto per giungere all'imperfetto: interprete di un sentimento moderno, Hegel parte dall'imperfetto per arrivare al perfetto; gli antichi sacrificavano l'uomo alla natura, i moderni sacrificano la natura all'uomo; il dogma del progresso si è sostituito al dogma della caduta; il nostro dogma è più utile, più morale, più umano. Ma l'interesse dell'uomo è egli l'interesse della natura? Ecco la questione.
      Arbitrario nel punto di partenza, l'hegelianismo deve esserlo nel suo sviluppo. Ad ogni istante Hegel deve creare un terzo termine, che rappresenti la trasfigurazione della tesi negata dalla sua antitesi; mai non prosegue il suo lavoro, ma lo ricomincia incessantemente.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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