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      La metafisica sorge da questo procedere. Non è nella sua origine altro che una fisica ignorante: immersa in errori di fatto, spera dominarli; non sospettando la logica, intravede nuove oscurità nel fondo de' suoi errori: al di là del dubbio fisico vede un nuovo dubbio, e crede di uscire perfetta dalla lotta se vince ad un tempo i due nemici. Ma l'uno è effimero, l'altro eterno. Trascinata ad oltrepassare l'apparenza, la metafisica prende un termine qualunque, che penetri o sembri penetrare a traverso tutti i dilemmi, veri e falsi, solubili e insolubili: per meglio raggiungere lo scopo, deve porsi prima o dopo, al disopra o al disotto dei fenomeni, mai nel fenomeno stesso. Errante, estravagante, vedesi avviluppata da contraddizioni ognora crescenti; ignorandole eterne, le confonde colle contraddizioni di un giorno, colle contraddizioni positive, figlie de' nostri errori; ed è così che si addentra in un errore senza fine, transportando le nostre speranze nell'impossibile.
      Gli antichi e i barbari del medio-evo dovevano la loro ignoranza nelle scienze fisiche alla confusione delle due specie di contraddizioni. Le verità della natura erano velate da fantastici problemi; gli alberi, gli animali dovevano germogliare nelle astrazioni, uscire dal fango delle nozioni scolastiche. La natura involavasi all'uomo che voleva dimostrarla. Il mondo moderno non cominciò di fatto che quando si sentì la necessità di separare la fisica dalla metafisica, separazione che i filosofi moderni non si stancano di consigliare questa separazione.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693