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      Ma quando non havvi più alcun individuo, il genere perisce; se non vi fossero più cavalli, il genere del cavallo sarebbe spento: noi ne avremmo l'idea, potremmo concepirla; pure sarebbe un'idea subiettiva, come quella che ci formiamo del Minotauro. La nozione di un genere che perisce ripugna ai metafisici, i quali dopo di avere ammesso il genere come appare, uno, indivisibile, incorruttibile, non possono concedere che perisca. Come mai, dicono, ciò che è superiore al numero, alla diminuzione, alla moltiplicazione, potrebbe svanire? Il genere perisce come ogni cosa che cessa di parere; finchè pare è uno, indivisibile, incorruttibile; quando scompare, ha cessato d'esistere; le rivoluzioni cosmiche, rinnovando le razze e la vegetazione, rimutano i generi.
      Quanti sono i generi? Ve ne hanno quanti ne appaiono, senza che sia possibile di fissarne il numero. Tra due classi, tra due generi la natura ci offre sempre mostri, eccezioni, creazioni intermediarie, transizioni impercettibili, gradazioni che ci confondono; vediamo meno di quel che esiste, pure i generi intermediari non cessano di esistere, benchè indiscernibili. I nostri errori non alterano la natura delle cose. L'impossibilità di numerare i generi, l'impossibilità di trovare una linea di separazione tra una classe e l'altra non distrugge le separazioni impercettibili, nel modo stesso che la transizione impercettibile dall'infanzia all'età della ragione non distrugge la separazione delle due età.
      Vi hanno tre specie di somiglianze: la somiglianza degli esseri organizzati, quella delle qualità e quella dei rapporti.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Minotauro