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      Siamo già lungi dall'apparenza, e tanto non basta. La natura è bella, e il genere deve diventar bello, deve diventare un tipo per comunicare la bellezza agli esseri, ed è questa nuova falsificazione dell'apparenza; chè il genere non è nè bello, nè brutto, ma abbraccia gli individui tutti, fatta astrazione dalle perfezioni e dalle imperfezioni: il cieco e il sordo cessano forse d'essere uomini? Infine, la scala dei generi trasformati in tipi, presso Platone s'innalza nella gradazione della bellezza ideale, e non giunge al genere supremo delle astrazioni se non trasportarvi tutte le bellezze, tutte le perfezioni. Nuova fallacia, perchè l'essere non è nè bello nè brutto, ed abbraccia senza preferenza tutti gli esseri buoni e mali. Il genere si trasforma così in un idolo, poi in un Dio, poi diventa attivo, creatore, e sempre per dare un'uscita alla scienza, impossibile nell'essere, impossibile nella natura. Questa è l'ultima falsificazione, e la più pericolosa, perchè l'essere non è più attivo dell'uomo o dell'albero; egli è, ed ecco tutto; non ha scopo, nè mente, nè azione alcuna.
      L'opera di Platone restò dubbiosa nella mente stessa di Platone, che nel Parmenide avvisò esservi delle contraddizioni irreducibili. Aristotele sviluppò, distrusse l'edificio de' generi platonici; ma per cercare, alla maniera di Platone un'uscita alla scienza per, che non deve mutarsi, non ostanti le variazioni della natura. L'uscita di Aristotele fu l'individuo; ma l'individuo che si sottrae alle sue contraddizioni eterne, sempre tenute per contraddizioni positive.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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