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      Quindi il cartesianismo sempre o confinato nell'idea o tolto all'idea, e confuso coll'essere (il genere), colla necessità di scegliere tra l'idea e il genere, colla necessità di prendere l'una o l'altro come principio primo, colla necessità di degradare, di menomare, di adeguare a zero il termine reietto. Degradando, menomando l'essere, il genere, si diminuisce la verità del mondo, che finisce a trovarsi negato; e resta l'io solo, sede dell'idea: degradando, menomando l'idea, si diminuisce la verità dell'idea, che finisce a trovarsi negata, e l'intelletto resta identificato col mondo, sede dell'essere, del genere. Da quest'alternativa scaturisce poi mediatamente la negazione della sensazione per l'idea o dell'individuo pel genere: chi ammetteva l'idea, non negava la natura? e negando la natura, non negava le proprie sensazioni? chi ammetteva il genere e l'essere o la sostanza universale, non negava l'io, e coll'io ogni individuo nella sua esistenza particolareggiata, opposta al genere? Così l'idea cartesiana (se non negata) metafisicando, negava la sensazione, e quanto corrisponde all'idea ed alla sensazione, non potendosi da essa transire logicamente ad altra nozione qualsivoglia.
      La contraddizione tra l'idea ed ogni cosa era patente, matematica; Locke la prende per un errore personale di Descartes, e cerca un'uscita alla metafisica cartesiana, che trasportavasi tutta fuori dell'apparenza. D'onde veniva l'assurdo? dall'idea; Locke pensò di evitarlo, ponendo per primo principio la sensazione; così sottraevasi alla logica dell'idea, la lasciava trascorrere sola negli spazi imaginari dell'errore, credeva rimanersi nei fatti.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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