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      La logica non dà risposta; risponde la fatalità soggiogandosi prima d'essere interrogata: essa ci fa nascere nel seno della famiglia, sacrifica di continuo una generazione all'altra, i parenti vivono per immolarsi a posteri ignoti, che loro succederanno nel lavoro senza fine, che disciplina il genere umano nell'atto stesso che lo moltiplica. La fatalità ci vieta la solitudine, ci anima colla presenza de' nostri simili, ci dà la parola per manifestare i nostri pensieri; ci impone i nostri stessi pensieri dominando la nostra intelligenza, quasi fosse un istrumento che non ci appartiene né dovesse mai appartenerci. Da ultimo, la fatalità fa nascere ogni popolo sotto una data rivelazione, lo congrega sotto la verga di una medesima legge, e spinge tutte le famiglie che lo compongono ad attuare nel mondo uno stesso principio. La società forma dunque un sistema unico, indivisibile; non è se non la ragione di un popolo fatta serva di una rivelazione, la logica sottoposta ad alcuni dati, diretta ad uno scopo da tutte le forze della natura e dell'uomo. La società non è dunque una agglomerazione d'uomini; è l'uomo che non tollera la contraddizione, che lotta di continuo per escluderla, e che vuol l'ordine nelle idee, l'ordine nella propria rivelazione. Le cieche ribellioni dell'istinto, le passioni sfrenate, e quanto non coincide col sistema della società, non conta se non come la follìa, come il male che bisogna reprimere.
      Spesso ne' dogmi de' popoli hannovi misteri e contraddizioni che ripugnano alla ragione: nondimeno la società rimane sempre un sistema: i misteri e le contraddizioni che figurano nelle religioni sono le stesse antinomie che sovrastano alle origini di tutte le cose, e che la ragione umana materializza e compendia nei suoi simboli.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693